I francesi di Kiabi: «In Italia leader entro il 2020»

In Francia è uno dei marchi più conosciuti e lo stesso vale per i proprietari. Parliamo di Kiabi (parola che evoca l’espressione “qui abille”, “che veste”, in francese) e della famiglia Mulliez, che nel 1978 fondò la rete di negozi di abbigliamento, cui si affiancano le reti a insegna Auchan, Leroy Merlin, Decathlon e Pimkie.
Tutti brand presenti in Italia da anni, ma è di Kiabi, arrivato nel nostro Paese nel 1996, l’obiettivo più ambizioso. «Entro il 2020 vogliamo essere leader nel nostro segmento, che è quello del fast fashion e dove i nostri principali concorrenti sono Ovs, Piazza Italia e H&M – spiega Marco Crippa. direttore commerciale, retail e marketing per l’Italia –. A oggi abbiamo 21 punti vendita e 550 dipendenti, la maggior parte dei quali al Nord, ma nel secondo semestre apriremo altri 4 negozi e 10 all’anno nel 2016 e 2017».

Nel 2014 il fatturato complessivo di Kiabi, che è presente in 10 Paesi con circa 500 negozi, è stato di 1,558 miliardi, in crescita dell’8,7% sul 2013. «In Italia nello scorso anno siamo arrivati a 110 milioni e per il 2015 prevediamo di crescere a due cifre e di raggiungere i 130 milioni – aggiunge Crippa –. Non è facile trovare le location giuste, perché idealmente i nostri negozi hanno metrature comprese tra 1.200 e 1.700 metri, ma in alcuni casi superiamo i 3mila metri. Siamo quindi in molti centri e galleria commerciali alle porte delle città: nei centri storici ovviamente è impensabile trovare spazi simili. Stiamo però lavorando a un nuovo format di negozi, che occupi 400-500 metri, in modo da cercare location diverse».
Lo slogan di Kiabi è «la moda a piccoli prezzi»: gli abiti da donna partono da 9 euro, i jeans da uomo costano 7 euro e l’entry price delle scarpe è 16. «Vestiamo tutta la famiglia e i nostri prezzi, mediamente sono del 20-30% inferiori a quelli della concorrenza: si arte con la linea bebè (0-18 mesi) per arrivare all’adulto. Lo stile è casual, ma per la donna abbiamo anche una parte premaman e di taglie comode – prosegue Crippa –. Negli ultimi anni abbiamo investito molto sull’e-commerce e sulla possibilità di “incrociare” i canali di vendita: si può ordinare online e ritirare in negozio o ordinare in negozio quello che c’è online e poi comprarlo solo se, una volta provato, corrisponde alle aspettative dei clienti».

L’esperienza in negozio resta fondamentale e anzi deve assomigliare, sottolinea il direttore commerciale per l’Italia: «Accanto a servici come la sartoria gratuita, vogliamo che i clienti si sentano a proprio agio, non abbandonati a sé stessi in mezzo a migliaia di i prodotti. Per questo investimento moltissimo sulla formazione e abbiamo cinque scuole interne destinate a diverse professionalità. Nel 2014 Kiabi, a livello globale, ha investito il 3,9% della massa salariale lorda in formazione, una percentuale più che doppia rispetto agli obblighi imposti dalla legge francese, pari all’1,6%,6%».
In Italia Kiabi è cresciuta soprattutto negli ultimi tre anni: «Nel 2012 eravamo in 22, oggi siamo 550 e nel 2019 saremo 1.300. In Francia e in tanti altri Paesi siamo famosi per essere un ambiente di lavoro molto piacevole: ogni anno viene realizzato un sondaggio interno e dell’ultimo risulta che l’80% dei dipendenti è soddisfatto di lavorare per Kiabi. Credo dipenda anche dall’impronta data dalla famiglia – conclude Crippa –. Siamo una multinazionale, ma i Melliez continuano ad avere il controllo e a portare avanti la loro filosofia di rispetto dei clienti e dei territori, in cui siamo presenti impegnandosi in progetti di ecosostenibilità ambientale e sociale in tutto il mondo».

fonte:http://www.moda24.ilsole24ore.com/art/industria-finanza/2015-05-18/i-francesi-kiabi-in-italia-leader-entro-2020-093729.php?uuid=ABnjU5hD

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